Paraculdemont

Tanto rumore per nulla. O quasi. Il mandato pre-referendum catalano prevedeva la dichiarazione di indipendenza entro 48 ore dalla consultazione. Ne sono trascorse 96. I programmi della vigilia sancivano l’obbligo della dichiarazione di indipendenza senza alcun vincolo o restrizione. Alla fine, l’elefante partorisce il classico topolino: il presidente catalano Carles Puigdemont si esibisce in un triplo salto mortale carpiato, dichiarando l’indipendenza e sospendendola pochi minuti dopo, annunciando l’avvio dei negoziati. Sì, vabbè, ma con chi, di grazia, dovrebbe negoziare? E a partire da quando visto che, sicuramente, il governo regionale della Catalogna sarà sciolto e verranno indette nuove elezioni, in ossequio all’art. 155 della Costituzione spagnola che permette all’autorità centrale di riprendere il controllo della comunità nel caso che quest’ultima “non ottemperi agli obblighi imposti dalla Costituzione o si comporti in modo da attentare gravemente agli interessi generali della Spagna”?

In parole semplici, una tarantella pilatesca e cerchiobottista  quella di Puigdemont, che rischia di far implodere ancora di più la “polveriera” catalana: da una parte gli indipendentisti scontenti, dall’altra gli unionisti incazzati. In più, chi l’ha detto che nelle prossime e quasi inevitabili nuove elezioni regionali in Catalogna, prevalgano i partiti fautori della scissione?

Sosteneva Carlo V, l’imperatore sul cui regno non tramontava mai il sole, che ogni lingua aveva le sue buone ragioni d’utilità: l’inglese per gli affari, il francese con le donne, l’italiano con gli amici, il tedesco con i nemici e lo spagnolo con Dio. Stavolta, credo, il Padreterno non si lascerà convincere né dal castigliano né dal catalano…