Tra le mille storie e i tanti aneddoti che l’olimpiade carioca ci regala, ce n’è una che non ha nulla a che fare con medaglie, atleti, doping e discipline a cinque cerchi.
E’ la storia di un uomo che nel paese del Samba ha accumulato negli anni un ingente patrimonio acquistando terreni un tempo paludosi e ricavandone dalla vendita una vera fortuna. La particolarità è che questa persona di nome fa Pasquale Mauro, oggi quasi novantenne, originario di Paola in provincia di Cosenza e trasferitosi a Rio de Janeiro nei primi anni ’30. Emigrato poverissimo e dopo una lunga gavetta trascorsa ad arrangiarsi a svolgere i lavori più umili, questo calabrese caparbio inizia ad ottenere le prime significative soddisfazioni con il trasporto delle banane, investendo tutto ciò che guadagna nell’acquisto di terreni all’epoca di scarsissimo valore. La sua intuizione fu quella di scommettere sull’espansione immobiliare della seconda città del Brasile proprio nelle zone di cui era diventato proprietario, terreni la cui vastità si stima essere arrivata nel corso degli anni a circa 50 milioni di metri quadrati. Oggi Pasquale Mauro è proprietario di mezza Barra de Tijuca, il quartiere residenziale dove si svolgono i giochi olimpici e dove hanno sede gli alloggi degli atleti. A margine della sua attività di compravendita immobiliare, Mauro ha realizzato per sé una grande fazenda dal nome romantico e suggestivo di “Fattoria Calabria”. Nelle enormi stalle alleva buoi e mucche allo scopo di produrre un formaggio il cui sapore possa ricongiungerlo, in una sorta di deja-vu ancestrale, all’infanzia dei tempi remoti in Calabria. Stalle moderne, stalle all’avanguardia, stalle attrezzate e efficienti.
Detto questo, provate a indovinare: la parola di questa settimana è dunque…stalle? Non esattamente, il vocabolo emblema degli ultimi 7 giorni è diverso solo in una vocale ed è…”stelle”.
Quelle cadenti che intorno al 10 agosto, notte di San Lorenzo, hanno tenuto tutti col naso all’insù nella speranza di poter scorgere le caratteristiche Perseidi ed esprimere il tradizionale desiderio. E siccome, per la proprietà transitiva, i desideri sono sogni, quelli che si avverano appartengono alle “stelle” degli atleti olimpionici italiani che hanno ottenuto le prime (speriamo di una lunga serie) medaglie brasiliane, tenendo alto l’onore del tricolore.
Sempre a proposito di corpi celesti c’è chi, nonostante tutto, rimane convinto di essere nato sotto una buona “stella”, e gongola per il sì della Cassazione al quesito sul referendum costituzionale che chiamerà gli italiani al voto nel prossimo autunno. Io che sono partigiano, ovvero di parte e schierato, mi auguro vivamente che prevalga il no e che la “stella” renziana possa avere l’effetto di una Perseide: nel senso che cada e che, mi si lasci passare l’obbrobrio letterario declinato, che perda.
Se le “stelle” provi a moltiplicarle possono diventare cinque, e scoprire che governare una città come Roma comporta un’esposizione mediatica capace di stritolare chiunque: la vicenda monnezza intrecciata a legami di giunta per lo meno imbarazzanti, può avere per il movimento “grilliano” l’effetto di un cielo fosco in una notte “stellata” se è vero, come è vero, che l’assessora all’ambiente Paola Muraro ha ricoperto per una dozzina d’anni il ruolo di consulente di Ama, la società che si occupa di raccolta, trasporto e smaltimento rifiuti nella Capitale, ente additato come principale responsabile del malfunzionamento del servizio.
“Stella” di mare, cantava Lucio Dalla, e dal Golfo di Napoli non devono essere stati affatto dispiaciuti dell’aver constatato come il loro ex idolo e “stella” del calciomercato Gonzalo Higuain, si sia presentato diciamo appesantito (per non usare il termine oggi tanto in voga “cicciottello”…) alla prima uscita ufficiale con la Juventus. Ma siccome, lo ribadisco, sono fortemente di parte, confido nella cura Allegri affinché il Pipita si rimetta presto in forma.
Per rimanere in tema di cicciottelli, la “stella” dei bambini Peppa Pig è stata valutata un miliardo di sterline tramite una proposta di acquisizione del marchio da parte di una società inglese, proposta rispedita al mittente dai produttori canadesi detentrici del brand: polvere (d’oro) di “stelle”.
C’è pure chi le “stelle” metaforicamente le ha viste, o forse ha fatto soltanto finta di vederle simulando dolore e preoccupazione per il farsesco colpo di Stato in Turchia. Il califfo ottomano Erdogan mette pressione all’Europa e orienta la sua rotta di navigazione verso Putin e la “stella” polare Russa: base di partenza per la distensione di rapporti ultimamente non idilliaci la realizzazione del gasdotto che collegherà Mosca ad Ankara, con buona pace dell’UE costretta a conti certamente più salati per rifornirsi di metano. Sarà sempre più difficile far quadrare le spese per noi impiegati che di certo le “stelle” continueremo a vederle posto che, come ci ricorda lo studio di Mediobanca, dovremmo lavorare anche fino a un massimo di 1.227 anni per raggranellare, a seconda dei casi, quanto guadagna il capo dell’azienda dove prestiamo servizio.
Ma nella vita anche i capi possono mutare opinione…prendi ad esempio Berlusconi, costretto a compiacersi delle “stelle” gialle su sfondo rosso della bandiera comunista cinese dopo aver venduto il suo Milan allo storico avversario di classe: della serie “stelle” sul viale del tramonto.
Per noi, comuni mortali, distanti dal sogno per effetto di una maledetta vocale, non ci resta che alzare il naso all’insù, sperando che un giorno si possa tornare (o iniziare) a riveder le “stelle”.
E sarebbe già tanto, se si pensa che l’8 agosto di sessant’anni fa, dalla miniera di carbone di Marcinelle in Belgio, furono in 262 (di cui 136 italiani) a non aver potuto più levare gli occhi al cielo.13