Quella gelida notte a Stoccolma – Tove Alsterdal

A prima vista potrebbe apparire come il classico noir nord europeo, con atmosfere gelide e fredde dovute all’ambientazione, al clima, al carattere distaccato dei protagonisti, all’efferatezza dell’atto criminoso che contrasta con l’idea dello scenario candidamente innevato: il rosso del sangue a sporcare il bianco che domina paesaggi e città i cui ritmi vitali sembrano scorrere lenti e regolari. Una dicotomia che, stavolta, non trova applicazione, intanto perché la storia si sviluppa a primavera, quindi poco freddo, residui di neve e primi timidi risvegli della natura, e poi soprattutto in virtù del fatto che la trama parte sì da Stoccolma, ma affonda le radici dall’altra parte del globo in un passato lontano e assai difficile, precisamente nell’Argentina del 1978, ai tempi della dittatura della “Junta” militare capitanata dal generale Jorge Videla. Il racconto (premiato come miglior giallo svedese del 2014) è edito dalla Newton Compton Editori e porta la firma di Tove Alsterdal, affermata giornalista e sceneggiatrice svedese: la trama riserva colpi di scena a ripetizione grazie alla capacità dell’autrice di intrecciare le vite dei protagonisti scavando nel passato delle stesse, in un susseguirsi di situazioni che dal Nord Europa portano il lettore fino a Buenos Aires e poi a Bogotà in Colombia, alla ricerca di una verità perduta tra le pagine terribili dei residui putridi e maleodoranti di quella dittatura di quarant’anni fa passata alla storia come la “Guerra Sucia” (Guerra sporca). Transitando dalla dittatura argentina alla lotta dei guerriglieri delle Farc colombiane.

Tutto ha inizio ai giorni nostri, il suicidio di una ragazza dal carattere fortemente autonomo e a dir poco esuberante. Ma quel suicidio mostra diverse crepe, e spinge la sorella della defunta ad indagare. Un’indagine che non è un’indagine in senso stretto, visto che non segue i canoni classici investigativi proprio perché chi la conduce, facendo di mestiere l’architetto, non è pratica di tecniche poliziesche. Non una poliziotta né una detective dunque, bensì una donna normale che, pur non avendo da anni rapporti (a causa di evidenti incompatibilità caratteriali) con la sorella defunta, viene quasi sospinta dagli eventi che si susseguono a ricercare cause diverse e approfondire i motivi di un suicidio apparentemente spiegabilissimo. Come in un frenetico movimento centrifugo, che parte dalla Svezia e si dipana verso un esterno lontano, le peripezie della protagonista portano quest’ultima a contatto con la dimensione di vita della sorella suicida, con le sue inquietudini, le sue pericolose e avventurose frequentazioni, i viaggi all’estero compiuti alla ricerca di non si sa cosa. O forse, qualcosa si immagina, perché molti anni prima la propria madre aveva abbandonato entrambe le figlie in età tenerissima per seguire l’amore della sua vita, un guerrigliero che si opponeva alla dittatura militare in Argentina. E da allora se ne erano perse le tracce.

Il romanzo a questo punto si sdoppia, seguendo un doppio binario: le vicende legate alla morte della ragazza suicida con tanti particolari che via via affiorano della vita e delle ultime ore della povera sventurata, e le vicissitudini della madre nel 1978 in quel di Buenos Aires, alla vigilia dei campionati mondiali di calcio, nel clima di sospetto, di pericolo e di terrore imposto dalla giunta militare. Oltre all’avvincente trama, l’autrice ha il merito di riproporre con dovizia di particolari la tensione che attanagliava l’Argentina post peronista di quarant’anni fa, la morsa del terrore, la privazione delle libertà individuali, il clima di delazione, la violazione dei diritti umani, le sparizioni e le torture che generarono il fenomeno dei Desaparecidos prima e delle Madri di Plaza de Mayo poi. Una tensione che avvince il lettore, lo costringe a fare i conti con un pezzo di storia dell’umanità facendogli rivivere sulla propria pelle sensazioni di viva oppressione, di paura, di angoscia per la sorte di quei temerari che sfidarono nella clandestinità la ferocia assassina di un apparato militare e governativo sanguinario. Le pagine scorrono senza sosta, l’ansia diventa palpabile, l’adrenalina impedisce di interrompere la lettura perché le storie, a distanza di quasi mezzo secolo, si intrecciano, assumono contorni precisi, rivelano aspetti imprevisti e imprevedibili, colpi di scena impensabili. Buoni e cattivi si confondono e spiazzano il lettore; le fisionomie dei personaggi, ben delineate, rivelano ombre nascoste; i dialoghi ben costruiti trasmettono inquietudine e stupore, emozioni e speranze, tristezza e commozione. E poi le descrizioni ambientali, le suggestioni della capitale argentina, le miserie delle periferie, la povertà dei quartieri più emarginati. Ieri come oggi, aspetti inquietanti, rituali che si perpetuano nelle medesime forme, soprusi e prepotenze retaggio di un passato duro come il marmo che si fa fatica a debellare, residui pericolosi di un tempo trascorso che continua a disseminare violenza e paura, ai giorni nostri come alla fine degli anni ’70.

Dettagliate le descrizioni dei paesaggi urbani e naturali, curatissimi i dialoghi ricchi di emozione e sentimento, ottimamente delineati i vari personaggi, tanto da un punto di vista caratteriale che nell’essenza della propria fisionomia di pensiero, efficace la narrazione delle scene d’azione dove tutto viene minuziosamente descritto e “visualizzato” dal lettore. La prosa è intelligente, scorrevole, capace di creare suspense e attesa; la psicologia dei diversi personaggi viene scandagliata a fondo e messa a nudo, restituendo al lettore un quadro variopinto estremamente variegato e multiforme, composto da ansie individuali, fallimenti esistenziali, turbamenti, insuccessi, insoddisfazioni sopite, desideri repressi e sfogati in condotte di vita sregolate, tra alcool, droga, fughe dalla realtà, vagabondaggio o, semplicemente, rimpianto e incertezza. Anche quella che appare come una vita comoda e sicura, mostra crepe e ripensamenti a stento contenuti.

Alla fine il thriller non è solo un thriller, ma piuttosto un ottimo lavoro di studio e di ricerca storica, abilmente inserito in una trama noir avvincente e ben costruita. E il finale, beh, il finale ha il doppio merito di chiudere il cerchio della vicenda, senza cedere a facili sentimentalismi o conclusioni troppo sperate da parte di chi legge. Consigliatissimo!