Max Allegri: fisionomia di un vincente

Non è mai prudente sbilanciarsi in giudizi prima di un evento che può rappresentare una svolta cruciale nella storia europea della Juventus; è anzi fortemente sconsigliato cedere alla tentazione di argomentare con opinioni e valutazioni, rischiando brutte figure e passando per fessi o, nella migliore delle ipotesi, per avventurieri.

Tuttavia, un’eccezione alla regola sento di doverla fare, non per ragionare sull’imminente gara d’andata contro il Barcellona allo Stadium, bensì per tributare il doveroso riconoscimento a colui che merita di essere considerato il vero artefice della metamorfosi (in senso di crescita) europeista dei bianconeri.

Sento di doverlo fare perché, quando Max sbarcò a Torino nella scomodissima posizione di dover sostituire Antonio Conte sulla panchina dei tri-Campioni d’Italia, io stesso fui tra i meno teneri verso di lui. Ammetto di aver sbagliato in modo clamoroso.

Massimiliano Allegri da Livorno detto “acciughina”, ex talentuoso trequartista del Pescara di Galeone, comunque andranno le cose, ha dimostrato con i fatti di essere tra i migliori allenatori al mondo. E non soltanto per i numeri che finora hanno caratterizzato la sua permanenza alla guida della squadra più titolata d’Italia e tra le più prestigiose al mondo. Quello che ha sorpreso, in positivo, è stato un mix di componenti che ne hanno scandito il percorso, in termini umani e tecnici, in un crescendo di risultati, innovazione tattica, costruzione e rafforzamento di una mentalità vincente soprattutto oltre confine. Quando arrivò a Torino fu costretto, tra contestazioni e offese, a lavorare anche psicologicamente per imporre il proprio modo di vedere e intendere il calcio, passando dalla grinta del suo predecessore alla compostezza delle idee, alla pazienza del lavoro quotidiano. Un’idea di calcio fatta di gestione delle energie e di possesso palla, di ragionamento, di studio, di circolazione del pallone e di contenimento della fatica nell’arco dei 90 minuti.

La gestione di uno spogliatoio vincente in Italia, la capacità di ripetersi in campionato senza snaturare in partenza il modulo tattico, quel collaudatissimo 3-5-2 di emanazione “contiana”, l’esigenza di non commettere passi falsi che non sarebbero stati perdonati, in primis dall’ambiente e dalla critica sportiva. Ad Allegri va riconosciuta la capacità di aver gestito al meglio una fase di ricambio nell’ossatura della squadra, soprattutto a centrocampo, avendo dovuto rinunciare a gente del calibro di Pirlo, Vidal e Pogba; gli va riconosciuta l’assoluta abilità nell’aver governato la maturazione di Dybala, tenuto inizialmente in panca fino addirittura a cambiargli ruolo e posizione in campo, rendendolo funzionale al nuovo modulo tattico e alle esigenze della squadra. La crescita del talento argentino è, senza ombra di dubbio, merito di chi ha trasformato un promettente giocatore che agiva da mezza punta o attaccante puro a seconda delle circostanze, in uno dei più talentuosi trequartisti del momento, con potenzialità di crescita smisurate.

Allegri è stato l’artefice del cambiamento tattico della Juventus, sprovincializzando un certo modo di intendere il calcio: da quel 3-5-2 che appariva non modificabile, si è passati all’attuale 4-2-3-1 che coinvolge contemporaneamente uomini del calibro di Cuadrado, Dybala, Mandzukic e Higuain. Elementi tecnici votati al gioco d’attacco, poco propensi per natura al sacrificio, il cui impiego simultaneo rischiava di penalizzare l’equilibrio della squadra rendendola più esposta in fase di non possesso. E invece, Cuadrado e Mandzukic coinvolti pienamente nell’attuazione della doppia fase, con il croato, ex centravanti di ruolo, defilato sulla fascia sinistra a correre e ripiegare. Ecco un’altra straordinaria intuizione di Allegri: la nuova posizione in campo di Mandzukic, che lo ha trasformato, da panchinaro di lusso con l’arrivo di Higuain, a pedina fondamentale nella nuova disposizione tattica bianconera.

La capacità di chiedere e ottenere disponibilità al sacrificio, snaturando per Mandzukic come per Dybala e per Pjanic il modo consueto di stare in campo, è un’altra conquista per nulla scontata del mister di Livorno. Per non dire dei meriti, in termini di maturità e mentalità, acquisiti all’estero. La Juve, oggi, ha una nuova e più efficace dimensione europea, una rinnovata identità vincente e ciò prescinde e prescinderà da come andrà a concludersi la stagione in corso.

Si diceva del modulo tattico, ma prima di arrivare al 4-2-3-1 si è passati dal 4-4-2, dal modulo ad albero di Natale (4-3-2-1), dal 4-3-3 fino al 4-3-1-2 col rombo e col trequartista, senza disdegnare il 3-5-2 di partenza. Una rotazione di uomini e schemi, tuttora attuata anche nel corso della medesima gara a seconda delle esigenze che la stessa presenta, e che rivela una indiscutibile capacità di cambiare pelle a partita in corso, evidenziando duttilità tattica e versatilità mentale. Non c’è più la sclerotizzazione di uno schema, ma l’interscambiabilità di ruoli e posizioni, che variano in base alle caratteristiche di avversari e situazioni che di volta in volta si presentano. Imprevedibilità e capacità di adattamento. Il tutto con la naturale serenità di giudizio e di analisi che accompagna le dichiarazioni del tecnico livornese, ma guai a tacciarlo di debolezza: quando è stato necessario (Bonucci docet), Allegri senza alzare la voce ha imposto regole e disciplina, come si confà ad un ambiente che non può e non deve prescindere da alcune necessarie prerogative. Un carattere deciso che, dal punto di vista sportivo, si è conclamato nella spettacolare e incredibile rimonta in campionato dello scorso anno, quando tutto sembrava perduto, e invece…

Il palmares juventino, ad oggi, assomma due scudetti, due coppe Italia, una Supercoppa Europea e una finale di Champions League; quest’anno, il primo posto in campionato, la finale già conquistata di Coppa Italia e i quarti di Champions. Potrà succedere di tutto, potrà anche accadere che la Juve non arrivi fino in fondo in Europa, potrà verificarsi che il Barcellona passi il turno, ma l’impronta di Allegri, nel processo di maturazione di questa squadra, resterà indelebile. Grazie Max!!!

FINO ALLA FINE!!!! FORZA JUVE!!!