Terminata l’esperienza esaltante ma faticosa del “mercante” e approfittando del tempo libero che le vuote serate di fine estate e inizio autunno mi concedevano, ho ultimato la lettura del romanzo noir “La ragazza del treno”, opera prima della scrittrice inglese Paula Hawkins, edito dalla Piemme.
Il libro, pubblicato nel 2015, si è subito rivelato un caso editoriale, raggiungendo il prestigioso traguardo delle 15 milioni di copie vendute, tradotto in oltre 30 lingue e, per tale motivo, diventato un autentico bestseller mondiale tanto da essere riprodotto in versione cinematografica. La storia è ambientata nella periferia londinese, e ruota intorno alle suggestioni visive che una pendolare dalla vita complicata ricava dai finestrini del treno sul quale ogni giorno percorre la tratta che divide la sua abitazione dal posto di lavoro. La protagonista, da poco divorziata e per tale ragione vittima di una grave forma depressiva che sfocia nell’alcolismo, trova consolazione nell’immagine quotidiana di una coppia di perfetti sconosciuti che, intenti nelle loro familiari abitudini casalinghe, guarda dallo scompartimento nel quale viaggia. Li osserva, attribuisce loro dei nomi di fantasia, li ammira nelle premurose attenzioni che si riservano a vicenda, li elegge a famiglia perfetta in terribile contrasto con l’esperienza che la vita ha riservato alla sua storia da qualche anno andata in frantumi. Poi, improvvisamente, accade qualcosa che manda in mille pezzi quel fragile mosaico che il suo inconscio aveva costruito. La sconosciuta, diventata nel tempo familiare attraverso i vetri del finestrino, sparisce. E, a distanza di qualche giorno, viene ritrovata morta. Ma lei, Rachel (la protagonista) dal treno su cui viaggia, ha visto una scena che la disturba, la inquieta, la induce a fare chiarezza, a cercare la verità. Da quel momento inizia una storia che coinvolge personaggi ambigui, fantasmi che riemergono dal passato recente, il suo ex marito e la nuova moglie, il vedovo sospettato di femminicidio, altri passeggeri del treno. Rachel prova anche a rivolgersi alla Polizia, ma non è credibile, è una alcolizzata, e soprattutto non si è mai rassegnata alla fine del suo matrimonio: su di lei sono puntati i riflettori delle forze dell’ordine a causa di certe frequenti intemperanze che in stato di ubriachezza avevano pesantemente minato la serenità del nucleo familiare che l’ex marito aveva nel frattempo costruito con la nuova compagna.
I ritmi del racconto sono incessanti, scanditi dallo sferragliare frenetico e rumoroso dei treni, dallo stridere dei freni, dai vagoni che percorrono binari sempre uguali a se stessi, carichi di passeggeri solitari, ognuno di essi chiuso nella propria storia personale. Sullo sfondo, vite ordinarie di donne, mogli, madri e amanti, spesso incarnate nella medesima figura, le cui esistenze si intrecciano e appaiono in continuo movimento, proprio come i convogli ferroviari. La narrazione è sviluppata in prima persona, direttamente dalle voci delle protagoniste femminili, che si alternano nel raccontare l’evoluzione intima e psicologica di una storia che le unisce, le travolge, le investe, le strattona e le sballottola proprio come avviene all’interno di una carrozza ferroviaria. I destini si intrecciano in una prosa efficace e asciutta, priva di fronzoli e arzigogoli barocchi, sempre diretta e essenziale: è una storia di donne, che affronta sotto mille sfaccettature l’universo femminile; per alcuni versi un thriller psicologico, che analizza la disperazione, le solitudini, le inquietudini, i dubbi di donne che hanno sbagliato, spesso in buona fede, vittime di illusioni e di speranze naufragate lungo il percorso accidentato di esistenze contorte e mai in linea parallela come i binari di una ferrovia.
L’adrenalina scorre pagina dopo pagina, l’ansia di conoscere un finale che appare scontato ma che scontato di fatto non è, la frenesia attanaglia il lettore e lo tiene inchiodato al sottile filo che unisce destini e situazioni, in bilico per quanto concerne la storia che fa da sfondo e le individuali vicende femminili che la arricchiscono di ripetuti colpi di scena. Il finale è sorprendente, e rivela un aspetto spesso sottovalutato o mai considerato appieno: le donne, quando vogliono, sanno come stringere alleanze mettendo da parte ogni risentimento, ogni rancore, ogni innaturale intesa.
“La ragazza del treno” è un bel libro che merita di essere letto, andando al di là del plot noir e lasciandosi apprezzare per l’aspetto che emerge con dirompente forza in controluce, nell’analisi puntuale della fragilità, dell’apparente debolezza e della intima caparbietà, caratteristiche che mescolate tra loro rendono le donne soggetti speciali, soprattutto in tempi attuali di femminicidi e violenze gratuite. Consigliatissimo!