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Innocenti eVersioni. Il ministro dei temporali

Il ministro dei temporali, in un tripudio di tromboni, tra masse osannanti in fervida attesa di essere liberate dal giogo di ingiusti e limitanti provvedimenti, sentenziò le prime agognate misure destinate a cambiare il volto di una nazione proiettata verso un futuro illuminato e radioso. La chiusura dei porti apparve agli occhi di un Paese cattolico come la più giusta delle decisioni, tesa a preservare il pedigree ariano da pericolose contaminazioni razziali. Patria, Dio e Famiglia. Il cammino era illuminato da quasi un secolo, la via era tracciata. Bisognava semplicemente riprendere il filo delle cose. Nessun compromesso e nessuna indulgenza. Qualcuno tentò la fuga in tram, molti si impegnarono ad osservare il cielo notturno, provando ad individuare la stella polare. Purtroppo le nuvole sparse non favorirono l’orientamento, e perciò una moltitudine di astronomi si convinse che la cosa migliore fosse metter pancia verso destra, convertirsi nel 2018 per ottenere la dispensa negli anni a seguire. La scimmia dei Fratelli Italiani non perse tempo ad arrampicarsi sopra il muro, ma nessuno le vide niente, perché nulla c’era da vedere. Lo stadio romano, travolto dagli scandali prima ancora che vedesse la luce, volle essere comunque costruito, masso per masso, schiavo per schiavo, consumista per consumista. I rom non furono censiti subito, ebbero il tempo davanti ai semafori di rifare il trucco alle troie di regime, pronte per essere utilizzate nelle moderne case di tolleranza regolarizzate a furor di popolo. Censimenti di massa e nuove case chiuse, bisognava ripulire le strade dal sudiciume e dalla vergogna, e spostare la perversione in comode strutture attrezzate dove consumare privatamente i piaceri nascosti, lontano da occhi indiscreti, da mogli, figli, e da Dio. Perché nel segreto di certe camere, il ministro dei temporali riesce a vedere, Dio no. Nel giorno della liberalizzazione dell’uso del contante, non ci furono spargimenti di sangue né di detersivo, nessuno si fece male, il gas esilarante provocò euforia diffusa tra evasori e condonisti recidivi, pronti a santificare un nuovo inizio. L’estate autunnale provocò una sensazione di ritrovata libertà per chi da quel momento avrebbe potuto disporre di armi a domicilio nel cortile, pronte a far fuoco contro ogni visitatore indesiderato, da nord a sud, in ogni famosa città civile. Nella giornata del censimento fu annunciata l’amputazione della gamba sinistra di ogni dissidente, purché l’operazione non avvenisse nell’ora dell’aperitivo, e non si disturbassero le regine del “tua culpa” che affollavano i centri estetici e i parrucchieri nel primo pomeriggio, perché non volevano invecchiare e non c’era tempo per farlo. In quei giorni del giugno autunnale, ritrovarono identità e vigore gli antivaccinisti, gli astronomi che avevano cantato per l’Amazzonia e per la pecunia, per l’onestà e la trasparenza, gli antivitalizisti, i controforneristi, i redditisti di cittadinanza e tutti coloro la cui lingua battente sul tamburo, in un recente lontanissimo passato era stata forse vanamente allenata per il vaffanculo di piazza. Il tempo del cambiamento non supportava l’esistenza di utopie, di defunti ideali o farneticanti nostalgie. Gli ultimi viandanti non ebbero molto da dire, la pace terrificante portò in dote sicurezza, benessere e denaro contante in gran quantità. Nessuno si preoccupò di seguire il feretro del buon senso, lasciato malinconicamente solo mentre in tv dai mondiali di Russia si levava forte un coro di vibrante passione.