Le contraddizioni di aprile

Oggi, 22 aprile, è l’Earth Day, la giornata della Terra, il giorno in cui in tutto il mondo viene celebrata la straordinaria bellezza ambientale del pianeta che ci ospita. Un momento di riflessione mirato a promuovere la salvaguardia delle risorse naturali, delle specie animali, dell’ambiente in cui viviamo: insomma, una data che riguarda tutto (fauna, flora, acqua, aria) e coinvolge noi umani come soggetti protagonisti e sempre più spesso non troppo rispettosi di un mondo erroneamente considerato, per avidità e ignoranza, immortale. Sappiamo che non è così, il monito di Chernobyl del 26 aprile di 31 anni fa ce lo ricorda: il più grave incidente nucleare della Storia, l’esplosione di una centrale atomica che provocò morte e distruzione, una tragedia ecologica e umana senza eguali.

Difesa e distruzione della Terra, anniversari che esaltano bellezze da proteggere e terribili ricordi di nubi tossiche radioattive, ricorrenze simboliche e memorie spaventose in contrasto tra loro eppur concentrate in pochi giorni dello stesso mese. Aprile è da sempre sinonimo di contraddizioni, primi tepori primaverili nelle ore centrali della giornata e temperature rigide al mattino e alla sera, desiderio incalzante di riposo ma ore di sonno in riduzione per effetto del passaggio “marzolino” all’ora legale, con giornate in progressivo allungamento, timidi risvegli di una natura che abbandona il lungo letargo invernale e fastidiose allergie di stagione. Mese di indecisioni, di dicotomie, di incertezze e confusioni. Aprile si odia e si ama in egual misura, a corrente alternata. Chi l’ha detto che non esistono più le mezze stagioni? Che non si tratti, per caso, del solito luogo comune contrabbandato per verità scientifica?

A proposito di scienza e di cultura, sinonimi di libertà e progresso mentale, domani 23 aprile si celebra la giornata mondiale del libro. Non una semplice ricorrenza, bensì un invito all’approvvigionamento di cibo per la mente. L’etimologia della parola libro risale al termine latino “liber”, che anticamente indicava la parte interna della corteccia dell’albero sulla quale, in origine, si usava scrivere. E’ innegabile una certa evidente assonanza con la parola libertà, la quale a sua volta deriva da “libertas” che trae origine anch’essa da “liber” in un’accezione diversa del termine, ovvero quella di “uomo libero”. E forse non è un caso che aprile coincida pure con la Liberazione del nostro Paese dall’oppressione del regime fascista. Il 25 aprile simboleggia l’unica vera religione civile e laica che unisce l’Italia da nord a sud. 72 anni fa il Paese voltava pagina grazie al sacrificio, al sangue, al coraggio e alla lotta di tante donne e uomini che seppero resistere alle violenze, alle limitazioni della democrazia, alla criminalizzazione della libertà di pensiero, al clima di terrore imposto durante il Ventennio mussoliniano. Chi disconosce certi valori, offende la memoria di quanti pagarono con la propria vita versando un tributo enorme alla causa di restituzione di dignità e di libertà del nostro Paese.

In che misura, oggi, viene vissuta e celebrata la Liberazione? La politica ha smarrito ideali e passioni civili, la memoria non coinvolge più di tanto le nuove generazioni, il senso comune circa la rilevanza e la portata storica di un evento così cruciale per la storia della Repubblica e della Costituzione è lacerato da discussioni paradossali, da conflitti e distinguo, da vecchi e nuovi revisionismi. Il Pd annuncia la sua non partecipazione alle manifestazioni commemorative dell’ANPI, l’Associazione Nazionale dei Partigiani. Quello che rimane del partito erede del PCI non trova nel proprio confuso dna le ragioni per sfilare a fianco dei partigiani d’Italia. A Milano è necessario l’intervento del prefetto per impedire ai fascisti di Casa Pound di promuovere l’ennesimo atto di apologia nel celebrare i combattenti della Repubblica di Salò. Nella nostra società, ormai priva degli anticorpi necessari per contrastare culturalmente i residui nauseabondi di inciviltà diffusa, ci si consola con i concerti organizzati dal sindacato. O meglio, di quel che resta del sindacato, un tempo espressione di lotte e rivendicazioni, oggi sempre più spesso stampella del padronato e del potere confindustriale. Anche queste, contraddizioni riconducibili ad aprile? Purtroppo no, la perdita di coscienza civile si sviluppa lungo il percorso annuale dei dodici mesi. Il guaio è che sono venute meno le certezze sulle quali quelle coscienze si costruivano e dalle quali si alimentavano. Non si vive più di passioni, di ideali, di convinzioni alte, di fedi. E non solo dal punto di vista politico e civile: è notizia di qualche giorno fa che persino la Chiesa, nonostante l’empatia di Papa Francesco, registra un calo di interesse e partecipazione alle funzioni della domenica.

A proposito di incertezze, il fine settimana che inizia oggi si apre con tre interrogativi: 1) che fine ha fatto il killer di Budrio? 2) Quale sarà l’esito del voto alle elezioni presidenziali francesi, dopo l’attentato agli Champs Elysées dell’altro ieri? 3) Per quale motivo il giornalista Gabriele Del Grande è trattenuto in cella d’isolamento in Turchia da oltre dieci giorni?

Chi vivrà, vedrà. Forse…

C’erano un tempo Peppone e Don Camillo, la passione per la lettura, la Liberazione, i sindacati di lotta e il PCI. Oggi il deserto, come quello che la Terra rischia di diventare a causa di scelleratezza, sete di danaro e malcostume. Noi non ci arrendiamo, e imperterriti continuiamo a esaltare i valori della Resistenza e a leggere libri.

Buon 25 aprile a tutti.